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Il salario minimo in Europa e il dibattito in Italia

by Vittorio Daniele
30/09/2019
in Lavoro e Occupazione
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Il salario minimo in Europa e il dibattito in Italia

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L’Italia è tra i pochi paesi della UE che non prevedono un salario minimo, stabilito a livello legislativo, per tutti i lavoratori. Il tema è oggetto di discussione politica. Qual è l’importo del salario minimo nei paesi della UE? Quanti sono i lavoratori italiani interessati dall’adozione di un salario minimo?

Uno strumento di equità. Tra i temi che il nuovo governo Conte si troverà ad affrontare c’è quello del salario minimo. Le due proposte in discussione, una del Movimento 5 Stelle e l’altra del Partito Democratico, presentano delle differenze. Quella dei 5 Stelle prevede l’introduzione di un salario non inferiore ai 9 euro all’ora, al lordo degli oneri contributivi e previdenziali. Quella del Partito Democratico propone, invece, l’applicazione delle retribuzioni minime tabellari, previste dai contratti collettivi siglati dalle associazioni di categoria più rappresentative, a tutti i lavoratori del settore; affiancando un «salario minimo di garanzia» per le attività non coperte da contratti collettivi[i].

Il salario minimo è uno strumento per assicurare criteri di equità tra gli occupati, evitando che il lavoratore, pur di poter svolgere un’occupazione, si possa trovare nella condizione di accettare retribuzioni molto basse. Condizione che può facilmente presentarsi in un contesto di elevata disoccupazione.

La maggior parte dei paesi dell’Unione Europea prevede un salario minimo, le cui modalità di determinazione sono differenti. In alcuni paesi, come in Germania e Francia, i salari sono fissati sia a livello nazionale, sia attraverso contratti collettivi; in altri, come Portogallo, Polonia e Ungheria, il salario minimo è fissato unicamente a livello nazionale; in pochi altri, tra cui l’Italia, non c’è un minimo standard a livello nazionale, ma questo è determinato dai contratti collettivi per le categorie di lavoratori interessati[ii].

Gli importi del salario minimo. Secondo l’Eurostat, nel 2019, il salario minimo in Lussemburgo era di 2.071 euro mensili, in Irlanda di 1.656, in Germania di 1.557, in Francia di 1.521, in Spagna di 1.050 euro. Poiché le ore di lavoro mensili possono variare tra i paesi, è utile riferirsi al salario orario, i cui importi sono riportati nella figura 1.

Il salario minimo orario è di 12 euro in Lussemburgo, di 10 in Francia, di 9,20 in Germania. Scende a 5,45 in Spagna, a 3,6 in Portogallo, fino ai 3 euro della Polonia per raggiungere il minimo, di 1,72 euro all’ora, in Bulgaria (fonte: WSI, 2019).

Come si vede, gli importi sono maggiori nelle nazioni più sviluppate. Poiché anche i prezzi differiscono tra i paesi, è interessante considerare il salario in termini di potere d’acquisto. Come mostra la figura 2, tenendo conto delle differenze nei prezzi, in Francia il salario minimo diventa di quasi 9 euro, in Germania di 7,6, in Spagna di 5,75 euro, mentre, per i prezzi più bassi, sale a 5 euro in Portogallo, a 4,21 euro in Polonia e a 3,42 in Bulgaria.

Per avere un termine di quale sia il reddito relativo che il salario minimo assicura ai percettori in ciascun paese, si può fare riferimento alle retribuzioni medie. In Francia, il salario minimo corrisponde al 50 per cento del salario medio, in Polonia al 44, in Germania al 42,5, in Irlanda al 39 per cento, mentre in Spagna il salario minimo rappresenta appena il 34 per cento di quello medio nazionale[iii]. Chiaramente, tanto minore l’importo del salario minimo rispetto alla media, tanto minore è l’effetto di tale strumento sull’equità tra i lavoratori.

L’Italia è tra i paesi in cui le retribuzioni minime sono fissate dai contratti collettivi per ciascuna delle categorie di lavoratori interessati. Per esempio, la retribuzione oraria di un operaio (1°livello) del settore metalmeccanico è di 9,8 euro se si considera la sola retribuzione tabellare, tenendo conto di 1600 ore annue mediamente lavorate. Se si aggiungono altre voci, come scatti, festività e la tredicesima, la retribuzione oraria diventa di 11,5 euro. Per un operaio specializzato (3° livello) dello stesso settore la retribuzione tabellare è di 12,30 euro orari[iv]. Secondo l’Istat, sono circa 3 milioni i lavoratori italiani che percepiscono una retribuzione oraria inferiore ai 9 euro lordi[v]. Si tratta soprattutto di operai e apprendisti, occupati nel settore dei servizi. A questi lavoratori la proposta del Movimento 5 Stelle apporterebbe, ovviamente, un beneficio. Per le trasformazioni che hanno riguardato negli ultimi anni la struttura produttiva e occupazionale, c’è poi una quota crescente di lavoratori non garantita da contratti collettivi. Sono lavoratori precari e con paghe spesso notevolmente inferiori a quella media. Sono i “nuovi poveri” a cui bisogna estendere tutele non solo salariali. Perché il mercato del lavoro, come osservava Robert Solow, non è un’istituzione economica, ma un’istituzione sociale.


[i] Rispettivamente, disegni di legge n. 658 (Catalfio et al.) e n. 1132 (Nannicini et al.), Senato della Repubblica.

[ii] KPMG, Minimum wage requirements within Europe in the context of posting of workers, KPMG Romania, 2019.

[iii] WSI Minimum Wage Report 2009, – Institute of Economic and Social Research, WSI – Hans-Böchler-Stiftung.

[iv] La retribuzione tabellare di un operaio (1° l.) del settore metalmeccanico è di 15.729,60 euro annui. Quella di un operaio specializzato (3° s.) è di 19.670,40 euro. Le retribuzioni salgono, rispettivamente, a 25.305,76 e a 31.572,73 con l’aggiunta delle altre voci (scatti, elemento perequativo, festività, tredicesima) e degli oneri previdenziali e assistenziali (Ministero del Lavoro, D. D. 91/2018).

[v] Senato della Repubblica, 11a Commissione, Audizione dell’Istituto Nazionale di Statistica, 13 marzo 2019.


 

Vittorio Daniele

Vittorio Daniele

Professore ordinario di Politica Economica presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro. La sua attività di ricerca riguarda, principalmente, i divari regionali in Italia in prospettiva storica e il ruolo dei fattori culturali nello sviluppo economico.

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