Open Calabria
  • Home
  • Chi siamo
  • Argomenti
    • Innovazione e Ricerca
    • Comuni ed Enti Locali
    • Conti Economici Regionali
    • Lavoro e Occupazione
    • Società e Demografia
    • Istituzioni
    • Istruzione e Formazione
    • Settori produttivi
    • Internazionalizzazione
    • Finanza
  • Mezzogiorno
  • Rivista
  • Notizie
  • Sostienici
  • Contattaci
No Result
View All Result
Open Calabria
  • Home
  • Chi siamo
  • Argomenti
    • Innovazione e Ricerca
    • Comuni ed Enti Locali
    • Conti Economici Regionali
    • Lavoro e Occupazione
    • Società e Demografia
    • Istituzioni
    • Istruzione e Formazione
    • Settori produttivi
    • Internazionalizzazione
    • Finanza
  • Mezzogiorno
  • Rivista
  • Notizie
  • Sostienici
  • Contattaci
No Result
View All Result
Open Calabria
No Result
View All Result
Home Istituzioni

Chiediamo alla UE più “flessibilità” per il Mezzogiorno

by Francesco Pastore e Floro Ernesto Caroleo
25/06/2018
in Istituzioni, Mezzogiorno
89
SHARES

* già pubblicato su “Il Fatto Quotidiano”
Negli ultimi anni, l’austerità imposta dall’Europa ha avuto effetti senz’altro negativi e talvolta contro-producenti. Fino al 2012, a crisi bella che esplosa, il Trattato di Maastricht ha continuato ad operare con quell’estrema rigidità propria del paradigma del Washington consensus che presupponeva, chissà perché, che stabilità monetaria e finanziaria fossero di per se capaci di condurre alla crescita economica. La stabilità stava bene all’Italia come ad altri paesi europei nei primi anni Novanta poiché funzionava come uno strumento di disciplina fiscale e finanziaria per un paese che con la prima Repubblica, dal 1970, aveva visto un’espansione del debito pubblico sostenuta, fino a superare il 120% del PIL. La prima repubblica non si scorda mai, canta Checco Zalone. Infatti, ancora paghiamo il conto.

Nei primi anni di applicazione, al Trattato dei banchieri si perdonava la sua “stupidità” poiché aveva spinto il paese a ridurre il debito di diversi punti percentuali, giù fino al record del 100% dei periodi dei governi di Silvio Berlusconi e Romano Prodi (2001-2008).

L’ottusità del Trattato, però, era destinata a generare gli effetti disastrosi attesi da alcuni con l’avvento della crisi economica e finanziaria nel 2009. Ma perché era così stupido il Trattato? Lo era per tanti motivi, ma soprattutto perché non teneva conto del ciclo economico e quindi non spingeva a mettere fieno in cascina con avanzi di bilancio quando il ciclo era positivo e a tirare fuori la biada con l’esplodere della crisi. Inoltre, si chiedeva di ridurre il debito, ma si consentiva un deficit continuo intorno al 3%. Per definizione, negava il ruolo delle politiche keybesiane, ma consentiva deficit persistenti.

Il debito tornò ad aumentare nel 2009 sia per la crisi sia perché Giulio Tremonti pensò bene di poterne venir fuori con un aumento vertiginoso del debito. L’aumento era anche inefficace poiché si aumentò la componente che ha minore incidenza sulla crescita del PIL (detassazione della proprietà, spesa corrente).

Inoltre, quando Mario Monti venne a “salvare la patria” dalla bancarotta cui la stava portando il governo di centro-destra, impose una tale e così drastica austerità da causare una recessione come egli stesso ha ammesso.

Una delle conseguenze negative e impreviste dell’austerità europea è stata la tendenza a ridurre la componente della spesa in conto capitale che dà luogo agli investimenti. Uno dei motivi è che questa componente è anche quella più facilmente controllabile nel breve periodo, quando si vuole far cassa. Infatti, occorrono riforme strutturali per ridurre la spesa per retribuzioni, acquisti della PA e contributi sociali (pensioni ed assistenza). Le riforme pensionistiche, ad esempio, non hanno un effetto immediato, in parte per renderle più facili da accettare, in parte perché richiedono tempo per produrre effetti. La spesa per acquisti della PA è anche difficile da ridurre e controllare. La spesa in assistenza serve per alleviare gli effetti sociali della crisi.

È più facile, allora, ridurre la spesa in conto capitale ed, infatti, questa componente si è ridotta in modo significativo, pur essendo già ai minimi termini, passando dal 5.3% nel 2001 al 4.2% nel 2015. La riduzione è più forte nel Mezzogiorno, ma anche nel centro-nord, soprattutto a partire dal 2009.

La riduzione della spesa in conto capitale è avvenuta nel Mezzogiorno, prima di tutto, annullando i Fondi FAS (per le aree sottoutilizzate) e spostandoli sulla spesa ordinaria di tutto il paese e poi riducendo anche la componente totale della spesa in conto capitale per il Mezzogiorno ben al di sotto del 34% che la popolazione meridionale rappresenta sul totale italiano. Nel 2012, la spesa in conto capitale del Sud è stata appena il 19.1% del totale. Ha fatto bene l’ex Ministro Claudio De Vincenti ad ancorarla al 34% nel 2016.

Le conseguenze sul divario infrastrutturale del Mezzogiorno, che pure ha radici antiche, sono evidenti. Non c’è la TAV né sulla dorsale Tirrenica, né su quella adriatica, né fra le due dorsali. Occorrono aeroporti di maggiori dimensioni vicino alle principali città del Mezzogiorno. Occorre favorire la ricerca e l’innovazione sia di base che nelle imprese. Gli investimenti infrastrutturali per il turismo avrebbero effetti immediati sulla crescita.

La “recessione da austerità” causata da Monti è stata un argomento importante per convincere le autorità europee a concedere “flessibilità” nell’uso della leva della spesa pubblica. La flessibilità, che doveva ridurre l’ottusità del Trattato di Maastricht, è prevista in quattro casi: a) per una recessione; b) per incentivare gli investimenti, soprattutto per il Piano Junker; c) per accompagnare riforme strutturali; d) per far fronte a crisi sistemiche dell’eurozona. Senza andare troppo nel dettaglio, la flessibilità consiste nel non computare nel calcolo del deficit la spesa per investimenti.

Nulla di specifico è stato però previsto a favore del Mezzogiorno e delle altre aree dell’intervento strutturale, anche se le aree valutarie tendono per loro natura ad approfondire i divari territoriali. Credo che sarebbe del tutto accettabile, se non auspicabile chiedere alle autorità europee di introdurre un quinto caso di flessibilità a favore delle aree dell’intervento strutturale. Si potrebbe consentire, così, la ricostituzione dei Fondi FAS unicamente per la realizzazione di spesa in conto capitale ed investimenti per il raggiungimento di obiettivi di infrastrutturazione basilare del Mezzogiorno, al fine di favorire il catching up che pure sembra essere ripreso negli ultimi 3 anni, come già notato in un articolo precedente.

[ultimate_author_box user_id=”44″ template=’uab-template-1′]

Francesco Pastore

Francesco Pastore

Francesco Pastore è nato a Napoli il 6 giugno 1966. Professore di economia presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, si è occupato di diversi temi di ricerca. Potete trovare facilmente le sue numerose pubblicazioni scientifiche in uno dei siti accademici che si trovano sul web. È research fellow dell’IZA (Institute of Labor Economics) di Bonn e country lead del GLO (Global Labor Organization), di cui guida il cluster sui temi della transizione scuola lavoro. Giornalista pubblicista dal 1992, ama affrontare temi di grande attualità in articoli provocatori che hanno quasi sempre un forte seguito sui social media. È autore di oltre cento editoriali pubblicati su lavoce.info, social-europe.eu, nelmerito.com, ingenere.it ed altri magazine online, spesso rilanciati da diversi quotidiani, fra cui Il Fatto Quotidiano, presso il quale tiene un blog molto seguito

Floro Ernesto Caroleo

Floro Ernesto Caroleo

Floro Ernesto Caroleo Professore ordinario di Politica Economica presso l’Università di Napoli Parthenope. Coordinatore del Corso di Studio in Management delle Imprese Turistiche Dirttore del CRISEI (Centro di ricerca interdipartimentale in Sviluppo Economico e Istituzioni) dell’Università di Napoli Parthenope. Nel triennio 2007-2010 è stato presidente dell’Aiel (associazione Italiana degli Economisti del lavoro.

Related Posts

La sanità in Calabria: fino a quando sarà sostenibile?

La sanità in Calabria: fino a quando sarà sostenibile?

by Redazione
25/11/2019

La sanità in Calabria: fino a quando sarà sostenibile? di Giuseppe Paglianiti (*) La questione sanitaria calabrese batte banco in...

Il Paese diviso. Nord e Sud nella storia d’Italia

Il Paese diviso. Nord e Sud nella storia d’Italia

by Redazione
23/11/2019

Pubblichiamo alcuni brani del volume di Vittorio Daniele "Il paese diviso. Nord e Sud nella Storia d’Italia", (Rubbettino, 2019). Pur...

Gruppi di Azione Locale (GAL).  Stare in prima linea nella gestione dello sviluppo del territorio

Gruppi di Azione Locale (GAL). Stare in prima linea nella gestione dello sviluppo del territorio

by Davide Piacentino, Salvatore Tosi
14/11/2019

La SVIMEZ evidenzia l’elevato rischio di marginalità delle aree rurali del Mezzogiorno. Acquista ancora più valore il ruolo strategico dei...

Crisi e rinascita dell’euro: lezioni per il Mezzogiorno

Crisi e rinascita dell’euro: lezioni per il Mezzogiorno

by Antonio Aquino
06/11/2019

La conclusione del mandato di Mario Draghi come Presidente della BCE ha rappresentato l’occasione per ricordare il suo contributo fondamentale...

Il rapporto Svimez 2019 sull’economia del Mezzogiorno e la bassa crescita del paese

Il rapporto Svimez 2019 sull’economia del Mezzogiorno e la bassa crescita del paese

by Francesco Aiello
04/11/2019

La bassa crescita del paese. Il rapporto Svimez 2019 sull'economia del Mezzogiorno indica che la variazione del PIL del Mezzogiorno...

Regional Economy

I più letti del mese

  • Sport invernali in Calabria: il caso Lorica

    Sport invernali in Calabria: il caso Lorica

    97 shares
    Share 39 Tweet 24
  • Sport Invernali in Calabria. Il caso Camigliatello Silano

    77 shares
    Share 31 Tweet 19
  • La sanità in Calabria: fino a quando sarà sostenibile?

    57 shares
    Share 23 Tweet 14
  • Gruppi di Azione Locale (GAL). Stare in prima linea nella gestione dello sviluppo del territorio

    56 shares
    Share 22 Tweet 14
  • Il rapporto Svimez 2019 sull’economia del Mezzogiorno e la bassa crescita del paese

    69 shares
    Share 28 Tweet 17

Gli ultimi articoli

La sanità in Calabria: fino a quando sarà sostenibile?

La sanità in Calabria: fino a quando sarà sostenibile?

25/11/2019
Il Paese diviso. Nord e Sud nella storia d’Italia

Il Paese diviso. Nord e Sud nella storia d’Italia

23/11/2019
Sport Invernali in Calabria. Il caso Camigliatello Silano

Sport Invernali in Calabria. Il caso Camigliatello Silano

20/11/2019
Premio Conti Pubblici Territorali a Francesco Foglia

Premio Conti Pubblici Territorali a Francesco Foglia

15/11/2019
Gruppi di Azione Locale (GAL).  Stare in prima linea nella gestione dello sviluppo del territorio

Gruppi di Azione Locale (GAL). Stare in prima linea nella gestione dello sviluppo del territorio

14/11/2019

Seguici

  • 1k Follower
  • 4.6k Fans
  • 294 Followers

Iscriviti alla Newsletter

Partner

previous arrow
next arrow
Slider

Sostienici

OpenCalabria - Associazione di promozione sociale con finalità scientifiche e divulgative

No Result
View All Result
  • Home
  • Chi siamo
  • Argomenti
    • Innovazione e Ricerca
    • Comuni ed Enti Locali
    • Conti Economici Regionali
    • Lavoro e Occupazione
    • Società e Demografia
    • Istituzioni
    • Istruzione e Formazione
    • Settori produttivi
    • Internazionalizzazione
    • Finanza
  • Mezzogiorno
  • Rivista
  • Notizie
  • Sostienici
  • Contattaci

OpenCalabria - Associazione di promozione sociale con finalità scientifiche e divulgative