Pane, libri e dignità: l’educazione come atto di resistenza in Calabria

Dove lo Stato arretra, nascono comunità educanti. Una risposta collettiva alla povertà educativa

Ogni mattina, un bambino si arrampica su una collina dell’entroterra calabrese come se salisse verso una promessa: una scuola che si svuota, un edificio che conosce più il silenzio del sapere che il fruscio della speranza. Non ha un tablet personale, a casa la connessione va e viene, e nei mesi del lockdown la sua aula era una finestra che spesso restava chiusa. Non per colpa sua, ma perché la distanza, in certe zone della Calabria, non è solo fisica: è sociale, economica, culturale. La pandemia ha amplificato fratture già profonde: dove c’era fragilità, ha scavato voragini. E oggi, mentre si discute di competenze digitali e innovazione didattica, interi territori regionali restano indietro, stretti nella morsa di una povertà educativa strutturale che ostacola lo sviluppo e mina le basi della coesione sociale.

Povertà educativa e divari territoriali – il quadro calabrese

La Calabria continua a presentare un quadro preoccupante sul fronte della fragilità formativa, con indicatori che si discostano significativamente dalla media nazionale. Secondo i dati Invalsi 2023, oltre il 20% degli studenti del primo ciclo non raggiunge i livelli minimi di competenza in italiano e matematica, segnalando gravi criticità nei processi di apprendimento e inclusione. Ancora più allarmante è il dato relativo ai giovani NEET: nel 2023, il 27,2% dei calabresi tra i 15 e i 29 anni risulta fuori da percorsi di istruzione, lavoro o formazione, con uno scarto di oltre 11 punti percentuali rispetto alla media nazionale. L’abbandono scolastico precoce, nel Mezzogiorno, coinvolge il 14,6% dei giovani tra i 18 e i 24 anni, evidenziando un’incapacità sistemica di trattenere i ragazzi nei percorsi formativi. A tutto ciò si aggiunge la cronica carenza di servizi per la prima infanzia: la copertura regionale per la fascia 0–2 anni si ferma al 4,6%, a fronte di una media nazionale del 16,8% e di un obiettivo europeo fissato al 33%. Questi dati, intrecciati tra loro, disegnano la mappa di una zona grigia dell’anima collettiva, dove il sapere svanisce e la speranza si assottiglia, mentre l’esclusione diventa destino e non eccezione.

Territori interni: tra isolamento e resistenza educativa

Le aree interne rappresentano l’epicentro di questa emergenza. Molti piccoli comuni calabresi, in particolare quelli montani o a bassa densità abitativa, presentano condizioni particolarmente critiche in termini di accesso all’istruzione e tenuta dei servizi educativi. Per esperienza diretta, avendo operato come sociologo e progettista sociale nella Diocesi di Cassano all’Ionio, posso confermare quanto questa fragilità sia evidente in realtà come Alessandria del Carretto, Nocara, Albidona, San Lorenzo Bellizzi, Morano Calabro e Mormanno. Si tratta di comuni collocati in aree interne, spesso nel cuore del Parco Nazionale del Pollino, caratterizzati da isolamento geografico, bassa popolazione e progressivo spopolamento giovanile. In questi contesti, la scuola rischia di perdere non solo la funzione educativa, ma anche quella simbolica e comunitaria, aggravando la già critica povertà educativa. In questi stessi luoghi, tuttavia, emergono anche pratiche educative resistenti, nate dalla cooperazione tra scuola, comunità e territorio.

Le alleanze educative come strategia di tenuta e rilancio

Di fronte a una tale complessità, appare sempre più evidente che il contrasto alla povertà educativa non può essere affidato alla sola scuola. Serve una visione integrata, fondata su una logica di alleanza educativa territoriale, capace di mobilitare risorse comunitarie, competenze diffuse e nuovi attori sociali. Nel contesto calabrese, questa alleanza deve avere una doppia direzione: orizzontale, per costruire reti tra scuola, terzo settore, famiglie, istituzioni locali; e verticale, per colmare la distanza tra politiche nazionali e bisogni locali, promuovendo un modello di governance partecipata. In questa prospettiva, le comunità educanti non sono un’utopia, ma una possibilità concreta, già sperimentata in alcune realtà della regione dove le scuole sono riuscite a sopravvivere grazie al sostegno di associazioni, cooperative sociali, parrocchie e cittadini attivi. Un esempio emblematico di alleanza educativa orizzontale nel contesto calabrese è rappresentato dal progetto “L’appetito vien studiando”, promosso dalla Caritas della Diocesi di Cassano all’Ionio. Attivo dal 2016, è stato avviato grazie ai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica e rappresenta una risposta concreta al rischio di dispersione scolastica e di isolamento educativo in un contesto segnato da gravi vulnerabilità educative.

Questa iniziativa nasce dalla visione profetica del vescovo Francesco Savino, guida inquieta e innamorata del suo gregge, che ha intuito fin dall’inizio la necessità di una formazione incarnata e vicina, capace di trasformare il territorio dal basso. È stato proprio lui a ispirare il nome stesso dell’iniziativa, immaginando un percorso in cui il nutrimento del corpo e quello della mente potessero camminare insieme. Nato con l’obiettivo di contrastare la povertà educativa e la dispersione scolastica, il progetto si sviluppa attraverso un centro socio-educativo attivo ogni pomeriggio, che accoglie circa 40 minori tra i 6 e i 14 anni. Accanto allo studio assistito, i ragazzi partecipano a laboratori artistici, sportivi, linguistici e di educazione civica, in un ambiente capace di restituire dignità e fiducia. Il progetto è reso possibile da un’équipe formata da dieci educatori e animatori, affiancati da due cuoche e circa venti volontari, tra cui anche giovani del Servizio Civile Universale. È nel confronto quotidiano, nella condivisione delle fatiche e delle scoperte, che si costruisce una comunità educante viva e autentica. Tutto ha inizio con un gesto antico quanto l’uomo: spezzare il pane insieme. Un pasto caldo che non è solo nutrimento, ma carezza, appartenenza, primo seme di riscatto. Il momento della mensa non è mero nutrimento, ma un gesto simbolico di riconoscimento e dignità. Sedersi a tavola insieme si trasforma in un rito quotidiano, dove il pane spezzato diventa linguaggio silenzioso di cura, appartenenza e reciprocità. In quel tempo condiviso, fatto di sguardi, attese e ascolto, si educa alla comunità.  E quel pranzo, per molti l’unico pasto completo della giornata, non è soltanto ristoro del corpo, ma primo mattone per edificare fiducia, metodo e concentrazione: una grammatica sottile del crescere che parte dalla tavola e si apre alla vita. Come afferma Angela Marino, responsabile del progetto: «Vogliamo educare al rispetto dell’altro, all’accoglienza della diversità, al riconoscimento delle emozioni. Sono semi che, se curati, diventano radici forti nella vita di ognuno».

Situato nel cuore del centro storico di Cassano all’Ionio, in un quartiere segnato dalla marginalità e dalla presenza silenziosa della criminalità organizzata, questa casa dell’apprendimento rappresenta un varco quotidiano nella solitudine e nella rassegnazione. Qui, ogni pomeriggio, prende vita una resistenza mite ma decisa, dove la bellezza non è più spettatrice silenziosa, ma voce che educa, mani che accolgono, cuore che accompagna.

Il valore aggiunto del progetto risiede nella sua capacità di generare rete: parrocchie, famiglie, scuole, operatori sociali e istituzioni locali vengono coinvolti in una trama di corresponsabilità educativa. Non si tratta di semplice assistenza, ma di un modello pedagogico partecipato, che mira a rafforzare le competenze relazionali, cognitive ed emotive dei ragazzi, valorizzando al contempo il capitale sociale delle comunità. Il collegamento con il Centro per le famiglie, spazio dedicato all’ascolto e all’accompagnamento genitoriale, conferma l’approccio integrato e intergenerazionale dell’iniziativa. La struttura, infatti, non si rivolge solo ai minori: offre gratuitamente supporto psicologico e consulenza educativa anche alle famiglie, costruendo una rete di prossimità che cura e rialza. Dal 2016, sono oltre 35 i nuclei familiari accompagnati, in un’azione costante che contrasta la cultura dell’illegalità con la pazienza dell’ascolto e la forza del quotidiano. Le politiche pubbliche – a partire dal PNRR – dovrebbero riconoscere e rendere sistemiche queste esperienze, promuovendo una regia collettiva dell’educazione che metta al centro la prossimità, la continuità e la personalizzazione degli interventi. Il cammino pedagogico, in questo senso, non è soltanto un diritto individuale, ma un bene relazionale e comunitario, la cui cura riguarda l’intero tessuto sociale. Come afferma la responsabile Angela Marino, due desideri accompagnano oggi l’evoluzione del progetto: da un lato, l’avvio dell’educativa domiciliare, per raggiungere i minori più fragili anche all’interno delle mura domestiche, offrendo un accompagnamento personalizzato; dall’altro, la creazione di un centro per adolescenti, capace di proseguire il lavoro educativo oltre la scuola media, in un’età critica in cui i rischi di devianza, abbandono e isolamento aumentano in modo esponenziale.

Il PNRR scuola in Calabria: opportunità e limiti di un piano trasformativo

Secondo stime aggregate, la Calabria ha beneficiato di alcune centinaia di milioni di euro nell’ambito del PNRR per il settore dell’istruzione, sebbene non sia disponibile una cifra ufficiale univoca per l’intera dotazione regionale. Gli ambiti di intervento comprendono l’edilizia scolastica, la costruzione di asili nido e scuole dell’infanzia, il potenziamento delle mense e delle palestre, la digitalizzazione degli ambienti didattici, la formazione dei docenti e il contrasto alla dispersione scolastica. Tuttavia, a fronte dell’ampia mole di risorse, l’attuazione concreta dei progetti risulta ancora frammentata e disomogenea, soprattutto nei contesti più periferici. Secondo i dati disponibili a fine 2024, la spesa effettiva certificata rimane contenuta rispetto ai fondi assegnati. Diversi interventi risultano ancora in fase di progettazione o affidamento, in particolare nei piccoli comuni e nei territori montani, dove le carenze di personale tecnico e di governance locale rallentano i processi decisionali. Questa criticità è particolarmente evidente nei comuni a bassa densità abitativa, spesso situati nelle aree interne, dove l’urgenza di contrastare la povertà educativa si scontra con la fragilità strutturale dell’apparato amministrativo. In assenza di un accompagnamento tecnico adeguato, il rischio concreto è che il PNRR finisca per rafforzare le disuguaglianze invece di ridurle, avvantaggiando i territori già dotati di maggiore capacità progettuale. Il paradosso è evidente: laddove il bisogno educativo è più acuto, la risposta istituzionale tende a essere più debole. In questo senso, il PNRR rappresenta non solo un’opportunità, ma anche un banco di prova per il sistema scolastico regionale, chiamato a dimostrare capacità di visione, coordinamento e inclusione.

Conclusione

In Calabria, oggi, la sfida educativa è la vera cartina al tornasole della democrazia. Dove la scuola arretra, avanzano le disuguaglianze, si insinua la marginalità, si radica la povertà come destino. Non è solo questione di banchi vuoti o connessioni deboli: è una questione di giustizia. Se ogni generazione ha diritto a crescere, apprendere, costruire il futuro e contribuire al bene comune, allora negare queste possibilità equivale a una colpa collettiva. È alla politica, alla scuola e alla società civile che spetta il dovere, non l’opzione, di creare condizioni reali di uguaglianza formativa. Perché ogni bambino lasciato indietro, tra le pietre di una montagna o il cemento di una periferia, è un fallimento della Repubblica. Perché la povertà educativa non è soltanto vuota di contenuti: è amputazione di sogni, esilio precoce dalla dignità. E se bastano un piatto caldo e una stanza piena di libri a disinnescare il destino, siamo davvero certi che sia solo una questione di risorse?

 

Riferimenti bibliografici

Fondazione Agnelli & Astrid. (2024). Scuola e PNRR. Una riforma incompiuta. Retrieved from https://www.fondazioneagnelli.it

Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione (INVALSI). (2023). Rapporto nazionale prove INVALSI 2023. Roma.

Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). (2023). Livelli di istruzione e ritorni occupazionali. Roma.

Openpolis. (2024). L’istruzione in Italia. Dati e divari territoriali. Roma.

Save the Children. (2023). Alla ricerca del tempo perduto: Rapporto sulla povertà educativa in Italia. Roma.

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