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Differenziare i salari tra Nord e Sud? Cosa mostrano i dati  

by Vittorio Daniele
01/02/2023
in Istruzione e Formazione, Lavoro e Occupazione
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Differenziare i salari tra Nord e Sud? Cosa mostrano i dati   
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In tutti i paesi esistono differenze territoriali nella produttività del lavoro, nei salari e nei prezzi. L’Italia non fa eccezione. A causa delle differenze nelle strutture produttive, nel Centro-Nord la produttività apparente del lavoro è più elevata rispetto al Mezzogiorno. Secondo una tesi periodicamente riproposta, in presenza di ampi divari regionali di produttività, la contrattazione collettiva nazionale, fissando salari uguali in tutto il paese, determinerebbe squilibri e inefficienze. Nelle regioni meridionali, con minore produttività, l’incidenza del costo del lavoro sarebbe comparativamente maggiore; ciò si tradurrebbe in ridotta competitività, elevati tassi di disoccupazione e lavoro nero. Per tale ragione, la contrattazione centralizzata andrebbe sostituita con quella decentrata, al fine di allineare i salari nominali ai livelli locali di produttività.

La produttività regionale è una misura aggregata, pertanto va confrontata con il salario medio, non con quello individuale o in singoli comparti. Come si mostra in un articolo pubblicato su Regional Economy, cui si rimanda per approfondimenti, i divari regionali nella produttività si accompagnano con quelli nei salari medi. Inoltre, tra Nord e Sud variano anche i prezzi e ciò ha notevoli implicazioni per i divari territoriali. Di seguito, richiamiamo alcuni dati.

Produttività e retribuzioni

Come mostra la figura 1, per il complesso dei settori dell’industria e dei servizi (con l’eccezione di alcuni comparti), il divario Nord-Sud nella produttività, misurata dal valore aggiunto per addetto, è del 34% mentre quello nella retribuzione media del 26%. La differenza tra Nord e Centro nelle due variabili è di circa il 10%.

Consideriamo ora il rapporto tra costo del lavoro e valore aggiunto. Questa variabile, detta anche “costo del lavoro per unità di prodotto” (CLUP) è spesso usata come misura del grado di competitività di un’economia. Sulla base dei dati di bilancio di 160.000 piccole e medie imprese, nel 2019-20, il CLUP variava tra il 79% della Sardegna e il 63% della Valle d’Aosta. In Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria, regioni con bassa produttività, il CLUP era inferiore a quello di regioni con elevata produttività come Lombardia, Liguria, Piemonte. Nel Mezzogiorno, era del 69,3% a fronte del 70% della media italiana (Confindustria-Cerved, 2022).

In sintesi, per il complesso dei settori economici, l’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto risulta analoga tra Nord e Sud. Ciò è in contrasto con la tesi secondo la quale la contrattazione collettiva nazionale causa squilibri territoriali nel costo del lavoro e andrebbe, perciò, abolita.

I prezzi

Come in tutti paesi, anche in Italia nelle regioni in cui i redditi e i salari medi sono più elevati i prezzi sono più alti. Le differenze regionali sono spiegate, in larga misura, dai servizi, i cui prezzi riflettono le condizioni dei mercati locali, e dagli affitti. Secondo le stime, la differenza nel livello dei prezzi tra Centro-Nord e Mezzogiorno è del 15-17%.

Sulla base del paniere di beni e servizi utilizzato dall’Istat per le soglie di povertà assoluta, la differenza nei prezzi tra Nord e Sud risulta del 20%. Tenendo conto dei prezzi, il divario Nord-Sud, che nel salario nominale è di circa il 26%, si riduce ad appena il 6% per il salario reale medio, mentre quello nel reddito disponibile pro capite passa da circa il 35% nominale al 17% in termini reali (figura 2).

 

Nelle regioni settentrionali, in particolare nelle città più grandi, dove la struttura produttiva e occupazionale determina livelli di fatturato e redditi medi più elevati rispetto al Sud, esistono condizioni di domanda compatibili con prezzi più alti per molti servizi e per gli immobili. Nelle regioni meridionali, dove i prezzi sono più bassi, a parità di reddito, il potere d’acquisto è maggiore del 15-20%, a seconda delle stime, rispetto al Nord. Il potere d’acquisto così calcolato non tiene conto, però, delle differenze nella qualità e disponibilità dei servizi pubblici che incidono sul tenore di vita – e sulla spesa delle famiglie – tra le due aree.

I prezzi si riflettono sul fatturato e sul valore aggiunto delle imprese che producono beni e servizi venduti sui mercati locali: si pensi, per esempio, ai servizi di ristorazione o agli immobili. Ne consegue che i confronti regionali di produttività – così come quelli basati su dati a livello d’impresa – andrebbero aggiustati per tener conto dei prezzi dei beni.

Produttività, salari e prezzi sono interrelati e, in ultima analisi, dipendono dalle caratteristiche delle strutture produttive regionali.


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Vittorio Daniele

Vittorio Daniele

Professore ordinario di Politica Economica presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro. La sua attività di ricerca riguarda, principalmente, i divari regionali in Italia in prospettiva storica e l'economia dello sviluppo. Oltre a numerosi articoli ha pubblicato i volumi: La crescita delle nazioni. Fatti e teorie, Rubbettino, 2008; Il divario Nord-Sud in Italia 1861-2011 (con Paolo Malanima), Rubbettino, 2011; Il Paese diviso. Nord e Sud nella storia d'Italia, Rubbettino, 2019 (il volume ha ricevuto il Premio Sele d'Oro Mezzogiorno 2020).

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